Lo smaltimento dei rifiuti, quando davvero vuole favorire un meccanismo di economia circolare, è strettamente connesso alla gestione dei pezzi di ricambio.
Nell’ultimo periodo post-pandemico, i summit ambientali sono stati numerosi, ma le decisioni annunciate dalle istituzioni hanno fatto storcere il naso a molti ambientalisti, i quali, a Glasgow, hanno espresso pubblicamente le proprie rimostranze.
La svolta che si dovrebbe raggiungere è quella di una gestione consapevole delle proprie risorse: con un riciclo continuo di materiale, in modo da reintrodurlo nell’economia in modo efficace.
Perché tale gestione possa essere effettuata, serve che le aziende sviluppino coscienza e una certa etica nell’agire.
Gestire parti di ricambio: smettere di considerarle rifiuti
Sebbene al livello istituzionale siano stati fatti passi importanti verso comportamenti ecosostenibili – il PNRR prevede per la transizione verde un investimento di 68 miliardi- sul piano micro manca quella coscienza che fungerebbe da terreno fertile per certe decisioni.
La situazione, poi, appare ancora più precaria a causa della crisi energetica ucraina.
Ciò che la cultura del nostro Paese dovrebbe riformulare è quel concetto di economia lineare, per la quale un bene, dopo esser stato consumato, diventa inderogabilmente uno scarto.
Gestire pezzi di ricambio in un’economia circolare
A questo occorrerebbe sostituire un concetto di economia circolare, che preveda la reintroduzione dello scarto nell’ambiente come nuovo bene di consumo.
Un evento per nulla scontato e che, da un punto di vista culturale, costituirebbe certo il primo passo per comprendere l’importanza della gestione dei pezzi di ricambio.
Rifiuti e pezzi di ricambio negli autoveicoli
Sicuramente, uno dei settori dov’è possibile reperire un quantitativo maggiore di pezzi di ricambio è quello della demolizione dei veicoli fuori uso: in questo la normativa italiana vanta i maggiori progressi.
La varietà di rifiuti che è possibile reperire dagli autoveicoli da rottamare è di fatto notevole.
Questa comprende
- rottami metallici e ferrosi;
- ruote e pneumatici;
- oli esausti;
- componenti elettroniche degli autoveicoli;
- vetri;
- carburanti;
- batterie al piobo.
Difficoltà nel commercio di rifiuti come pezzi di ricambio
Le difficoltà riscontrate in quest’operazione, tuttavia, sono numerose e non tutte facilmente risolvibili.
Perché questi rifiuti possano essere convertiti in pezzi di ricambio, è necessario compiere una classificazione in base all’utilità e al loro possibile impiego.
Tuttavia, se nel 2015 la percentuale di reimpiego e riciclaggio dei veicoli fuori uso era decisamente alta e in linea con le aspettative –circa l’85%– negli anni successivi questa si è ridotta notevolmente.
Le ragioni
Le ragioni sono tante.
Una è certamente culturale, e connessa strettamente alla concezione di economia lineare di cui sopra.
La cultura consumistica odierna incoraggia più la sostituzione dei veicoli che non la loro riparazione.
Come seconda ragione vi è una tecnologia sempre più elevata vantata dall’industria metalmeccanica.
Sono sempre meno gli elementi di un’autovettura che si rompono e si deteriorano.
Gran parte di queste vengono rottamate quando tutte le componenti sono ancora funzionanti.
La normativa sui pezzi di ricambio
Ai sensi dell‘articolo 184, comma 5, del D.L.vo. 152/06, i veicoli fuori uso e i prodotti del loro smaltimento sono da considerarsi rifiuti.
Perché la qualità di rifiuto possa venir meno, continua l’art. 184 ter del medesimo decreto, è necessario che questo venga sottoposto a un’operazione di recupero e messa in sicurezza in appositi centri convenzionati.
In questo modo, il consumatore è coperto da eventuali rischi legati all’utilizzo di materiale usato.
Economia sommersa dei pezzi di ricambio
Tutte le componenti ricavate da veicoli in demolizione che non siano stati sottoposti a queste operazioni sono da considerarsi rifiuti, e il loro commercio come parti di ricambio illegale.
Un mercato però molto fiorente; diretto perlopiù verso i paesi del Nord Africa e dell‘Est Europa, e contro il quale andrebbero presi specifici provvedimenti.
Prodotti ricondizionati
Tuttavia, il commercio di pezzi di ricambio sta prendendo piede anche rispetto ad altri settori e determinati tipi di rifiuti.
In particolare si sta diffondendo fra quelli definiti con l’acronimo RAEE: rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Stiamo parlando di monitor, computer, stampanti e condizionatori, molto diffusi negli uffici.
Questi vengono ricondizionati da tecnici specializzati, sostituiti delle loro parti malfunzionanti e reimmessi nell’economia.
La stessa cosa accade con elettrodomestici quali lavatrici, aspirapolveri e forni elettrici.
Ripiegare sul loro acquisto non è soltanto molto conveniente, ma anche green ed ecosostenibile; consentirebbe alla cultura del nostro Paese di compiere un’ulteriore passo verso un’etica di sostenibilità ambientale.
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